Un recente rapporto, redatto da The European House – Ambrosetti per conto di Salesforce Italia, ricostruisce dettagliatamente lo stato dell’arte del processo di digitalizzazione delle pubbliche amministrazioni (PA) italiane. Inoltre, la ricerca suggerisce principi guida e proposte di azione per accelerare la diffusione dell’Intelligenza Artificiale (AI) nelle PA. Il documento è il risultato di una attività di stakeholder engagement, per mezzo di due tavoli di lavoro e 25 interviste che hanno coinvolto 40 vertici delle PA centrali e locali.
Dall’indagine emergono una riduzione dell’investimento nella digitalizzazione (10% della spesa nazionale) e una insoddisfacente presenza di competenze digitali tra i dipendenti (5% del totale, contro un 75% con competenze tecniche, giuridiche e amministrative e un 2% di project management), a cui si aggiungono problemi di attrattività di profili specializzati. Una critica rilevante del rapporto concerne un investimento insufficiente nella formazione dei dipendenti pubblici. Solo la Germania e i Paesi Bassi avrebbero una diffusione della digitalizzazione nel pubblico impiego inferiore a quella italiana.
In aggiunta, l’Italia si colloca tra i Paesi meno sviluppati dal punto di vista della digitalizzazione dei servizi pubblici (solo la Germania ha uno storico peggiore in UE), nonostante un costante miglioramento negli ultimi 5 anni.
Vi sarebbe una copertura digitale definita a “macchia di leopardo, la quale porta solo il 40% dei cittadini a utilizzare strumenti digitali per interfacciarsi con la macchina pubblica. Tra le migliori pratiche, è evidenziato il primato dell’Estonia e l’importante lavoro svolto da Spagna, Svezia, Irlanda e Francia.
I punti chiave suggeriti per accelerare la trasformazione digitale della PA consisterebbero a) nell’adozione sinergica e combinata di una pluralità di tecnologie e di strumenti innovativi – cloud computing, IA e automazione, b) nell’estrema attenzione ai temi della sicurezza e della privacy per garantire la fiducia di cittadini e imprese; c) in una riforma e un rinnovamento dei processi, lo sviluppo di competenze e di capitale umano, nonché l’adozione di politiche ad hoc per un nuovo modello operativo e di relazione con gli stakeholder della PA.
I punti di cui sopra sono stati identificati attraverso una analisi di 1.544 articoli accademici (con l’Italia in quarta posizione a livello di produzione scientifica), come si evince dalla seguente rappresentazione grafica.
Un elemento cardine è rappresentato dall’investimento sull’utilizzo e la gestione dei dati. I benefici includono una migliore efficienza, efficacia e trasparenza delle decisioni pubbliche. Per il tema dell’efficienza è centrale la condivisione di dati tra amministrazioni, anche se la pratica richiede architetture tecnologiche avanzate. Solo 4 PA centrali su 10 starebbero implementando un piano di Data Strategy.
Sul tema, i requisiti identificati dal report sono: a) qualità dei dati – presupposto irrinunciabile per il successo nell’utilizzo di nuove tecnologie, tra raccolta, gestione, conservazione, identificazione del valore, valorizzazione del patrimonio e ottimizzazione dei processi interni; b) certezza dei dati; c) tempestività di aggiornamento delle informazioni; d) una concreta adozione del principio once only; e) tutela della riservatezza e della privacy.
È essenziale anche l’adozione di modelli di cloud computing, i quali portano benefici in termini di efficienza operativa, flessibilità, accessibilità e condivisione, agilità di implementazione rapida di nuove funzioni, migliore gestione dell’infrastruttura. Questi sono da accompagnare a misure di security-by-design offerte dalle blockchain per rispettare gli obiettivi di sicurezza e affidabilità dei servizi erogati. A tal fine, è dirimente la partnership tra attori pubblici e privati e, come già menzionato, un aggiornamento delle competenze delle risorse umane.
Rispetto allo sviluppo dell’IA, emerge una adozione da parte della PA con disparità tra i livelli centrali e locali. Le amministrazioni appartenenti a quest’ultima categoria avrebbero difficoltà di accesso ai dati centralizzati, oltre a minori risorse.
Inoltre, l’Italia risulta tra i Paesi che hanno pianificato un investimento minore, avendo previsto l’allocazione di risorse tra i 150 e i 250 milioni di euro all’anno, contro gli oltre 500 milioni all’anno della Francia. Nonostante questo dato, l’Italia è il primo Paese per progetti di IA implementati e il secondo per numero di sperimentazioni, a testimonianza dell’interesse delle PA italiane nell’innovazione.
Prendendo le mosse dai dati raccolti e dal confronto con gli stakeholder pubblici, il rapporto propone:
1) 5 principi guida:
2) 5 proposte di azione: a) creare una visione diffusa nello sviluppo e l’applicazione di soluzioni di IA, che supporti un periodo aggiornamento della strategia nazionale e rappresenti la guida negli investimenti pubblici; b) incentivare il partenariato pubblico-privato, con particolare riferimento alle fasi di training e nell’identificazione di nuovi modelli operativi, nonché nel ripensamento dei modelli interni; c) condivisione di buone pratiche, al fine di creare consapevolezza sui benefici e incentivare la sperimentazione di nuovi modelli; d) favorire la creazione di percorsi di formazione specifici sulle esigenze delle pubbliche amministrazioni, attraverso il ricorso alle competenze disponibili sul mercato per le questioni più complicate, ma con un sempre maggiore livello di specializzazione dei dipendenti pubblici; e) supportare lo sviluppo della normativa, contrariamente alla “lentezza” del contesto attuale - con il coinvolgimento delle imprese e del Garante per la Privacy già nella fase di sviluppo, evitando così autorizzazioni e modifiche del prodotto finito.
Luca Megale